BASTAVA NON FARSI COINVOLGERE nuovo romanzo di Paolo Fiore intervista all’autore

Dal cappotto appeso alla porta d’ingresso, il lettore non sa se il signor Danzica entra oppure esce.

E quella porta si aprirà? Chi tornerà? e da dove? Darida esiste davvero?

Il quadro in copertina di Irene Fiore ci annuncia l’enigma.

Triller, un triller a tutti gli effetti,con tutti gli effetti della suspense, dall’intrigo alla passione, questo è il nuovo romanzo di Paolo Fiore.

Bastava non farsi coinvolgere è il titolo.

Non farsi coinvolgere ma noi si, ci siamo fatti coinvolgere dalla doppia trama del racconto quella degli agenti speciali in missione e la metastoria dell’adolescente al lido balneare.

Di cosa parlo? Fatti coinvolgere e lo saprai… sono i personaggi di Paolo, inventati, creati, raccontati per noi. Potrei accennare alla trama ma preferisco che parlino gli avvenimenti, gli inseguimenti, le mappe … insomma romanzo stesso e lo stesso autore.

È un doppio libro oppure un libro diviso in due con due storie che si alternano nella propria peculiarità, portatrici entrambe di mistero e verità?

Chiediamolo direttamente all’autore che è QUI (ritorna la formula delle presentazioni in libreria dallo slogan “qui” ma questa volta per una presentazione scritta):

“C’è l’immagine di “una porta con soprabito” nella copertina.

Quel soprabito sulla porta è una domanda su chi va e chi resta.
Se è chiusa per sempre o in attesa di aprirsi tra un momento.
Quella porta con soprabito è il tramite tra vero e verosimile, realtà e fantasia.

Nel romanzo si esce dalle pagine di un libro per entrare in quelle di un altro libro, non c’è soluzione di continuità tra i due.
Il nostro vissuto è una lettura degli eventi in cui siamo coinvolti, la lettura di un libro, dunque, è necessariamente la ri-lettura della nostra vita, quasi una metalettura.”

Quale è stata l’ispirazione per questo nuovo libro, raccontaci!

“La costatazione che spesso facciamo che molte di quelle azioni, di quei gesti, di quei comportamenti che adottiamo, al contrario di ciò che crediamo, sono spesso frutto non solo e non tanto di scelte ben precise ma di un coinvolgimento più o meno inconsapevole. Siamo così certi di poter controllare la nostra vita che ci riteniamo gli unici artefici dei nostri atteggiamenti per poi renderci conto del ruolo spesso decisivo degli altri e del contesto più in generale.”

Come mai proprio una spia ?

“Forse perché la spia rappresenta il simbolo dell’essenza del pericolo umano. Pericolo non solo della propria incolumità fisica ma soprattutto della propria incolumità mentale. La spia non è un semplice attore che condivide il copione di una finzione con altri attori ma un funambolo che cammina sul filo scivoloso sul quale tutti devono crederlo non soltanto un altro ma esattamente il contrario di chi è. Una guerra, invece, forse è addirittura più semplice in quanto il nemico è dichiarato.


Qui il nemico diventa l’amico più intimo.


Il paradosso della spia, dunque, è la massima intimità nella massima
distanza, condividere tutto non condividendo nulla. E per far questo deve ingoiare la propria identità come si inghiotte un documento che vogliamo far sparire, fino a ridurla a brandelli e nasconderla così bene e profondamente in sé da aver difficoltà a recuperarla anche per sé.”

Perché dei guerriglieri ?

“Come le spie, anche i guerriglieri condividono una guerra non dichiarata. Non sono un esercito regolare, non hanno uniformi e non combattono in campo aperto. Come l’essenza umana sono imprevedibili, compaiono e scompaiono, sono evanescenti. Sparigliano le carte delle certezze umane.
Rappresentano un pericolo incombente e spesso invisibile. Un pericolo
interiore, uno stato d’animo, un’ angoscia. Nel romanzo occupano la
ragnatela di cunicoli sotto le montagne muovendosi nelle viscere della terra come simbolicamente nelle viscere dell’uomo.”

Come hai costruito quei luoghi dell’Asia ?

“Ogni luogo si guarda e si immagina solo in una prospettiva. C’è una
differenza sostanziale tra essere in un posto e immaginare chi è in quel
posto. La costruzione prospettica si fonda sulla distanza.
L’Asia, nel romanzo, è quella distanza. Ed è la distanza che trasforma
Dàrida da una città come altre in una città unica perché impasta la sua
verosimiglianza alla dimensione dell’immaginazione rendendola una città letteraria. I nomi delle altre città del libro sono tanto più verosimili quanto più musicali ( Marbala, Gheleishja, Gèzala ) ed è la musica che può riempire di suono la distanza mentale tra noi e Dàrida.”

Come mai proprio un adolescente ?

“Non c’è un motivo specifico, comunque certamente quell’età è ancora molto duttile nelle scelte e sono aperte ovviamente strade alternative di futuro.”

Il signor Danzica ha un neo sulla faccia dal quale è ossessionato ogni mattino quando si rade.

Sì quel neo ha un sapore, o forse, meglio ancora, un colore kafkiano, ma a differenza del mostro di Kafka che interessa tutto il corpo come lo
scarafaggio di Gregor Samsa , per Danzica è invece ridotto ad una piccola
escrescenza. Un piccolo, fastidioso, neo sul viso. Ma non per questo è meno angosciante proprio in quanto è parte integrante della realtà. La sua mostruosità è forse ancora maggiore dello scarafaggio kafkiano in quanto si insinua nella normalità, è incredibilmente tangente la tranquillità.
Quel neo non è una dimensione necessariamente negativa come ad esempio un tumore poiché in questo caso sarebbe scontata la sua eliminazione chirurgica. Al contrario è una formazione in bilico, non totalmente negativa ma piuttosto una bizzarria del corpo, una minaccia. Ma è una minaccia costante e irriducibile. Ed è una minaccia di degenerazione. E’ il buco nero da cui intuiamo di dover stare alla larga ma che invece paradossalmente ci attrae e in cui rischiamo ogni giorno di cadere.

Voglio lasciare il lettore libero nella propria lettura e nei propri commenti quindi non aggiungo niente sulle pagine belle che sicuramente ognuno saprà riconoscere ma i complimenti per la parafrasi del rapporto amoroso come scontro titanico tra due civiltà e l’amplesso come tregua, li meriti tutti.

Ecco, ancora una domanda:

“Nonostante“ ricorre spesso, anzi, il nonostante percorre il
romanzo, a tratti diventa una guida, perché ?

Perché spesso la nostra vita, gli avvenimenti, accadono “nonostante“.
Nonostante la razionalità o la ragionevolezza che avrebbe richiesto altre scelte, altre risposte. O nonostante tutta una costruzione di difese o di
strategie tese ad un risultato che invece non si è verificato.
Il “nonostante“ trasforma una certezza in dubbio, una necessità in
possibilità. Introduce l’incognita, la variabile, l’evento inaspettato che apre lo scenario della novità e dunque inaugura la pericolosa singolarità della vita.

Grazie Paolo, il tuo romanzo ha tenuto compagnia al tuo stesso personaggio (l’adolescente del metaracconto) nella sua estaste di trasformazione e ha tenuto compagnia a me in un momento bellissimo della vita, la dolce attesa. É bello farsi coivolgere da un bravo scrittore, è bello coinvolgersi in una Idea.

Buona Lettura!

Autore: Paolo Fiore
Titolo: Bastava non farsi coinvolgere

Editore: L’ArgoLibro

Prefazione di Alessandro Vergari

In copertina: “Porta chiusa con soprabito” di Irene Fiore

Anno di pubblicazione: 2020

ISBN 978-88-94907-96-4
Numero pagine: 290

Formato: 14,5×21

Prezzo di copertina euro 15,00

Per contattare l’autore: paolo_f65@libero.it  

Per info e ordini: largolibro@gmail.com 
Potete ordinare copie del libro direttamente alla Casa editrice, scriveteci all’indirizzo largolibro@gmail.com o chiamateci al 3395876415 per qualsiasi informazione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *